Panigaglia

Il Protocollo di Intesa del 1994

Una breve premessa storica

Nel 1988 viene presentato da Snam un Piano che prevede di arretrare gli impianti GNL verso monte, eliminando dalla vista i serbatoi che vengono interrati nella Castellana, costruire una fascia di pendio piantumato alto da 10 a 15 metri sul livello del mare che congiungendo la punta del Fezzano con quella del Pezzino, possa schermare nella visione lontana dal mare e dal golfo gli impianti retrostanti.

L’adeguamento del sistema di ricevimento comporta la costruzione di una nuova piattaforma per l’accosto e l’ormeggio della nave gasiera. La nuova piattaforma è disegnata verso punta Pezzino, collegata alla punta stessa e al vecchio pontile con una passerella.

L’organico previsto a regime per questo nuovo impianto è di 130 persone (nel piano presentato dalla Snam al Ministero dell’Industria l’organico è di circa 100).

Sui tempi di realizzazione c’è un contrasto Snam-Comune. La Snam avanza la richiesta, in caso di sottoscrizione dell’accordo, di procedere immediatamente allo smantellamento dei vecchi impianti e alla realizzazione delle nuove strutture di gassificazione secondo il progetto presentato nel 1988. Solo successivamente intenderebbe procedere alla modifica dell’impianto così come descritto nel Piano.

Il Comune ritiene che la prima fase di ristrutturazione debba contemplare il posizionamento delle strutture nella versione definitiva del progetto globale.

Il tempo previsto è 3 anni per la progettazione definitiva e 8 anni per la realizzazione con 1 anno di interruzione del lavoro dello stabilimento.

Contro questo progetto, che gode del favore dell’Amministrazione Comunale, Sindaco Talevi, e che viene presentato alla popolazione, corredato da grafici e plastici, in assemblee pubbliche, si forma un forte movimento contrario. Il Piano viene accantonato, rimane la richiesta di ristrutturazione e ampliamento presentata dalla Snam nel 1987.

La Regione Liguria, con una nota del 19 aprile 1990 dichiara che non sussistono incompatibilità tra i lavori richiesti nel 1987 e il Piano Territoriale Paesistico.

Con nota 502 del 29 maggio 1990 il Ministero dei Lavori Pubblici autorizza l’esecuzione “delle opere di carattere urbanistico e tecnologico” richieste dalla società Snam nel 1987.

Nel frattempo ci sono le elezioni amministrative. La nuova Amministrazione Comunale, Sindaco Guida, presenta nell’estate 1990 ricorso al TAR, n. 1526/90, in cui fa domanda di sospensione degli effetti dell’autorizzazione ministeriale all’esecuzione delle opere paventando “pregiudizi gravi e irreversibili al contesto ambientale e paesaggistico della zona territoriale interessata”.

Con ordinanza del 18 ottobre 1990, n. 951, il TAR Liguria sospende i provvedimenti impugnati ritenendo la prevalenza “degli interessi pubblici paesaggistici ed ambientali rispetto a tutti gli altri interessi coinvolti”.

Contro questa ordinanza di sospensione la Snam fa appello cautelare davanti al Consiglio di Stato con un atto del 31 ottobre 1990.

Il ricorso non approderà mai alla decisiva valutazione di merito da parte dei giudici perché nel frattempo Snam e Comune di Porto Venere avviano una trattativa che condurrà al Protocollo di intesa deliberato dal Consiglio Comunale il 25 luglio 1994, Sindaco Guida, delibera n. 57.

Protocollo di intesa deliberato dal Consiglio Comunale il 25 luglio 1994, Sindaco Guida, delibera n. 57.

CONSIDERATO che la Società Snam ha presentato una richiesta di autorizzazione ex art. 81 D.P.R. 616/77 al Ministero LL.PP. per lavori riguardanti interventi sui serbatoi (incamiciamento in cemento) e per la sostituzione di un capannone;

CHE la Regione ha in istruttoria detta pratica, per cui con nota del 27/10/93 ha richiesto al Comune e alla Snam “…preliminare d’intesa tra la Snam e l’Amministrazione Comunale contenente le indicazioni degli interventi di riqualificazione paesistico-ambientale dell’area in questione, nonché delle fasi principali di detta complessiva trasformazione assunta come obiettivo ineludibile del Piano Paesistico”;

TENUTO conto che, a seguito delle note vicende legate alle autorizzazioni per la ristrutturazione dell’impianto, è da tempo in corso una trattativa tra Snam e Comune concernente sia tempi e modalità di permanenza dell’impianto GNL, sia i problemi della sicurezza e del mantenimento dei livelli occupazionali;

CONSIDERATO che il Comune di Porto Venere nell’elaborare la variante generale di P.R.G. intende individuare soluzioni progettuali per la baia di Panigaglia con destinazioni alternative rispetto all’attuale, anche allo scopo di adempiere alle norme del Piano Paesistico, soluzioni da realizzare - in funzione dello svincolo delle aree dalle esigenze dello stabilimento – anche progressivamente attraverso atti di pianificazione urbanistica a medio termine che assicurino la gradualità degli interventi in vista della realizzazione degli obiettivi prefigurati dal nuovo P.R.G.;

CONSIDERATA la difficoltà, alla luce del rapporto di sicurezza “in itinere” e della evoluzione della normativa sulla sicurezza degli impianti, di definire con efficienza immediata le aree di rispetto e conseguentemente le aree disponibili;

CONSIDERATO altresì che in base ai principi tecnici generalmente riconosciuti come risulta dall’allegata dichiarazione della Snam, le aree di rispetto dei serbatoi in cemento armato sono sostanzialmente inferiori – a parità di condizioni – alle aree di rispetto dei serbatoi in lamiera metallica e che quindi la realizzazione dell’incamiciamento in cemento comporterebbe un sicuro miglioramento qualitativo della situazione ambientale e urbanistica, che consentirebbe interventi di trasformazione in armonia con quanto previsto da P.T.C.P.

Ciò premesso si concorda che:

la società Snam conferma l’impegno del mantenimento dei livelli occupazionali già convenuto con le organizzazioni sindacali e formalizzato con accordo in data 16.5.1994: a seguito dell’avvenuto rilascio dell’autorizzazione ex art. 81 D.P.R. 616 di cui in premessa, verrà attivata immediatamente la procedura di assunzione del personale occorrente per le attività relative, dando precedenza ai giovani residenti nel Comune di Porto Venere e in subordine nella Provincia Spezzina, con modalità di accesso da definire con criteri certi e trasparenti e richiedendo requisiti e titoli di studio adeguati al posto di lavoro da ricoprire. Il Comune di Porto Venere avrà facoltà di dare ampia pubblicità del numero e delle caratteristiche dei posti di lavoro come risultanti dagli accordi sindacali. I controlli del rispetto degli accordi dovranno essere fatti d’intesa con le organizzazioni sindacali.

Snam conferma la propria disponibilità alla destinazione ad usi alternativi di aree risultanti libere da vincoli di sicurezza e non utilizzate ai fini della attività dello stabilimento. Tale destinazione avverrà in forma da concordarsi non appena completato l’iter relativo al rapporto di sicurezza. Resta inteso che qualora le necessità dello stabilimento dovessero richiedere l’utilizzo o il vincolo di dette aree, Snam avrà diritto di provvedere in tal senso, indennizzando eventuali terzi.

Le parti si danno atto che l’intervento di sostituzione del capannone si inserisce nella linea di realizzazione di attività alternative che prefigurano il nuovo assetto del territorio.

Resta inteso che le opere di cui all’autorizzazione citata in premessa non comporteranno oneri o vincoli a carico del Comune in occasione della trasformazione dell’area.

Il Comune esprime parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione richiesta dalla Snam, fermi restando gli impegni occupazionali e la regolare prosecuzione delle procedure di assunzione già iniziata.

Rimane ferma la prosecuzione del confronto globale tra Snam e Comune sui tempi e modi di dismissione dell’impianto costituendo il presente atto una prima fase della complessiva trattativa.


Il progetto presentato nel 2007. Osservazioni

       Queste note vogliono far conoscere un grave problema del nostro territorio, la presenza dell’impianto di rigassificazione della GNL Italia all’interno del Golfo della Spezia, nel territorio del Comune di Porto Venere, e il progetto di ampliamento presentato dalla società nel giugno 2007.

       Per una maggiore chiarezza espositiva  procediamo per punti.   


Alcuni dati sull’impianto attuale e sul progetto di ampliamento presentato da GNL Italia
    L’impianto ha attualmente una capacità di rigassificazione di 3,5 miliardi di mc annui, ha un sistema di stoccaggio costituito da due serbatoi della capacità complessiva di 100.000 mc (utile operativa di 88.000 mc), ha un pontile che consente l’attracco a metaniere fino a una capacità massima di trasporto di 70.000 mc, ha tre vaporizzatori più uno di riserva ed emette in atmosfera 174,3 tonnellate annue di NOx cui vanno aggiunte le emissioni fuggitive stimate in 52,41 tonnellate annue. Il sistema di raffreddamento è costituito da un circuito chiuso di acqua dolce che raffredda le apparecchiature di impianto e da un circuito aperto ad acqua di mare che raffredda l’acqua del circuito chiuso. Viene utilizzato un biocida composto da cloro e ammoniaca e l’acqua viene quindi resa al mare clorata e con un incremento termico massimo di 8° (medio di 4,8°).

 Nel giugno 2007 la società GNL Italia ha presentato un progetto denominato “Ammodernamento e adeguamento dell’impianto GNL di Panigaglia”. Il progetto in sintesi prevede di portare la capacità di rigassificazione a 8 miliardi di mc annui, modificare i serbatoi interrandoli parzialmente per portarli ad una capacità di 240.000 mc, posizionare una briccola a 48 m dalla testa dell’attuale pontile per permettere l’arrivo di metaniere da 145.000 mc, sostituire i quattro vaporizzatori con sei di più moderna tecnologia che consentirebbero di “abbattere” le emissioni a 166,2 tonnellate annue, costruire una centrale cogenerativa da 32 MW con camino alto 15 metri e del diametro di 3,2 metri, dragare la parte di Golfo antistante lo stabilimento, dalla punta del Tino fino alla punta del Fezzano (zona inserita nel sito di interesse nazionale di Pitelli) per un totale di 2.000.000 di metri cubi di materiale di scavo.

    Tutti i dati tecnici riportati sopra si leggono nel “Piano di ammodernamento” presentato dalla società. 

 Il Sistema Golfo, l’effetto domino e i rischi ambientali

   Dopo recenti accadimenti (pensiamo all’incidente di Viareggio del giugno 2009 o al C130 caduto a Pisa) è sempre più urgente il problema della sicurezza. Desideriamo sottolineare, se ancora ce ne fosse bisogno, la localizzazione dell’impianto e i rischi per la popolazione, rischi connessi sia alla sostanza trattata, sia a possibili atti terroristici, sia all’effetto domino.      

   L’impianto di rigassificazione della società GNL Italia è situato all’interno di un Golfo di modestissime dimensioni, densamente trafficato e abitato. Sul sistema Golfo insistono:

  •      il porto commerciale che continua a crescere e ha abbondantemente superato il milione di teus l’anno;
  •      il porto militare che, a detta dell’Ammiraglio Paoli, rimane una base strategica per la Marina Militare, pedina fondamentale nel nostro dispositivo di difesa. Nel porto militare attraccano anche unità a propulsione nucleare tanto che La Spezia è uno dei pochissimi porti italiani  in cui esiste un Piano di Emergenza Nucleare (del quale la popolazione non sa assolutamente nulla). Per la presenza dell’Arsenale Militare e della base del Varignano, il Golfo è spesso teatro di esercitazioni aeree con elicotteri della M.M.
  •      il balipedio della Marina Militare, presso Punta Castagna, nel quale si svolgono esercitazioni di tiro sia in galleria che da terra verso mare, nonché un poligono di tiro per le navi militari
  •      l’attività cantieristica concentrata soprattutto sulla sponda est del Golfo;
  •      le attività crocieristiche con l’arrivo di grandi navi da crociera che trasportano più di 60.000 passeggeri l’anno;
  •      le attività diportistiche che contano già oltre 4000 posti barca in porticcioli privati o in catenarie di associazioni o di Comuni, altri porticcioli sono in fase di ultimazione;
  •      le attività marittime collegate alla mitilicoltura, alla piscicoltura e alla pesca.

     L’avanzamento del pontile per ulteriori 50 metri e l’attracco di gasiere più grandi (145.000 m3 contro gli attuali 70.000) è quindi inconciliabile con l’intero sistema Golfo. L’ampliamento richiesto, con conseguente aumento delle dimensioni e del numero delle gasiere, che dovrebbero manovrare in uno spazio inadeguato, condizionerebbe in senso negativo la vita all’interno dell’intero Golfo, come espresso anche dalla Capitaneria di Porto e da Maridipart La Spezia.

    Per consentire l’attracco di tali super gasiere il progetto prevede di dragare una vasta area del Golfo, sia all’interno che all’esterno della diga foranea,  ma non chiarisce modalità di dragaggio, tecniche di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei materiali dragati rinviando alle future procedure di legge in materia.

   Nel progetto si legge che “durante le operazioni di dragaggio e le attività necessarie all’adeguamento del pontile si potrebbe generare una torbidità dell’acqua nell’area circostante la zona di battitura dei pali dovuta ai materiali fini messi in sospensione e dispersi dalle correnti”. Ma che importa, “la vita marina è scarsa, non ci sono specie marine di pregio e le correnti sono mediamente deboli”, così si afferma nel piano. E gli impianti di itticoltura e di allevamento dei mitili? Le praterie di posidonia del fondale?

     Poco sotto si legge che “le operazioni di dragaggio comportano la rimozione di uno strato di sedimenti marini che varia da alcune decine di cm ad alcuni metri. Tale asportazione determina la completa rimozione della copertura vegetativa e la distruzione della maggior parte delle comunità bentoniche presenti nelle aree interessate direttamente dall’esecuzione dei dragaggi”.

    Le dimensioni del problema sono enormi sotto il profilo del rischio ambientale e sanitario, basti pensare che il materiale previsto dai dragaggi relativi all’ampliamento dell’area portuale ammonta a circa 800.000 mc., quindi con il progetto della GNL Italia si arriverà a movimentare circa 3.000.000 di mc di materiali inquinanti (classificabili in gran parte come rifiuti speciali pericolosi), la maggior parte dei quali all’interno di un golfo chiuso dalla diga foranea. Non dimentichiamo che l’intera area interna alla diga foranea del Golfo della Spezia, quindi anche parte dell’area oggetto del progetto di dragaggio della GNL Italia, è perimetrata all’interno del sito di bonifica nazionale di Pitelli, sito nel quale la bonifica è prioritaria rispetto a qualsiasi altro intervento.

     Ad aggravare la concentrazione di siti industriali ed inquinanti in uno spazio così ristretto come quello del Golfo, sono presenti nella Provincia della Spezia altri quattro stabilimenti classificati ad alto rischio e, a levante, una centrale termoelettrica, di proprietà ENEL, da 1,3 gigawatt che da sola produce il 5% dell’energia nazionale.

      La baia di Panigaglia non è un luogo isolato, come si può immaginare guardando foto sui giornali o immagini televisive in cui il campo è opportunamente ridotto, ma confina sia a destra che a sinistra con due baie densamente abitate tutto l’anno, i borghi del Fezzano, a 600 metri, e delle Grazie, a circa 1 Km, per un totale di quasi 3000 persone e, data la presenza di numerosi alberghi, bed & breakfast, seconde case e diportisti, la popolazione ha un notevole incremento nei mesi estivi e nei fine settimana.

     Nel raggio di 5 Km dall’impianto si trovano la città della Spezia, in fondo al golfo, con i suoi 94.000 abitanti, i borghi di Cadimare e di Marola con oltre 3000 abitanti, le frazioni collinari del comune della Spezia, il paese di San Terenzo nel comune di Lerici con i suoi  3000 abitanti, il paese di Porto Venere con circa 1000 abitanti, l’isola Palmaria e, subito fuori dal cerchio dei 5 Km, tutti i paesi delle Cinque Terre con i loro 4000  abitanti, Lerici, le isole del Tino e del Tinetto. Gli abitanti interessati sono quindi un totale di 110.000 circa, numero che, ripetiamo, aumenta notevolmente nel periodo estivo e nei fine settimana essendo la zona altamente turistica. L’area dello stabilimento confina inoltre con un sito SIC, il sito Porto Venere – Riomaggiore – San Benedetto, zone per la cui salvaguardia la Comunità Europea fissa regole ben precise. Tutte le Amministrazioni locali, Comuni, Provincia e Regione, hanno espresso parere contrario all’ampliamento ritenendo questo territorio già penalizzato e in notevole pericolo per la presenza dello stabilimento, purtroppo autorizzato nel 1966.
    
     Sottolineiamo ancora una volta che Porto Venere è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità, è sito Unesco, Parco Regionale Naturale, Riserva Marina Protetta e confina con il Parco Nazionale delle 5 terre.

La strada SP530
      La zona in cui ha sede lo stabilimento GNL è servita da un’unica strada, la provinciale 530, l’antica napoleonica, stretta e tortuosa e soprattutto senza sbocco. La strada infatti unisce La Spezia con Porto Venere e lì termina ed è frequentata sia dai locali che da numerosi pullman e auto di turisti oltre ai mezzi militari che servono la base del Varignano nella quale,come abbiamo già detto, ha sede anche un balipedio. Tale strada è sovente interessata da incidenti che, come è recentemente accaduto, isolano le frazioni del Comune di Porto Venere e anche alcune frazioni del Comune della Spezia
   Secondo il Piano di Emergenza Esterna redatto dal gestore dello stabilimento, tratti di questa strada rientrano nelle zone di danno 2 e 3, ove sono possibili effetti gravi per le persone dovuti a “evaporazione da pozza” e “incendio da recipiente (tank fire)”. Ci preme sottolineare che tale Piano di Emergenza è già inadeguato relativamente allo stato attuale dell’impianto, come avevamo rilevato nelle Osservazioni presentate a firma “Cantieri dell’Urbanistica Partecipata del Comune di Porto Venere”, e non è stata predisposta alcuna  variazione nell’ipotesi di ampliamento dello stabilimento, così come invece prescrive la normativa vigente sull’autorizzazione di impianti a rischio. Relativamente a tale Piano poi non sono state ottemperate né la Direttiva Seveso né la Convenzione di Aårhus, che obbligano a puntuali e precise informazioni alla popolazione, e come prescrivono anche le Linee guida per l’informazione alla popolazione sul rischio industriale emanate dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel novembre 2006. Non è stato pubblicizzato il Piano di Emergenza Esterna, non sono mai state svolte esercitazioni con il coinvolgimento della popolazione che non conosce neppure i segnali di allarme cui dovrebbe rispondere.

Le navi gasiere
     Un pericolo rilevante è costituito dalle gasiere che, dopo aver costeggiato le isole Palmaria, Tino e Tinetto, siti SIC riconosciuti dalla Comunità Europea, entrano in Golfo dal varco di ponente della diga foranea, unico accesso al porto, e sono poi trainate da rimorchiatori per attraccare al pontile dello stabilimento. Date le ristrette dimensioni del Golfo non è possibile osservare nessuna distanza di sicurezza tra le gasiere ed altre imbarcazioni, come è invece prescritto, per esempio, dalla Guardia Costiera Americana, o dalla Ordinanza della Capitaneria di Chioggia per il rigassificatore off-shore di Rovigo. Ecco allora che le gasiere manovrano mentre in Golfo arriva o parte una nave porta-containers o una nave da crociera o mentre, a poche decine di metri da loro, operano Canadair ed elicotteri del servizio antincendio per il rifornimento di acqua.
  Il territorio circostante lo stabilimento GNL è infatti prevalentemente boschivo, ed è classificato dal Piano Regionale per la Difesa e la Conservazione del Patrimonio Boschivo della Regione Liguria ad alto rischio di incendio.
    Il potenziamento del rigassificatore comporterebbe inoltre rischi maggiori al pontile durante la manovra di attracco delle metaniere. Tali manovre infatti sono il momento più delicato, perché lungo il pontile sono disposte due tubazioni sempre piene di metano liquido.
    Le navi che potrebbero attraccare avrebbero una stazza di 2,2 volte le navi attuali ed una superficie d’impatto al vento (vela) di 2,4 volte; con un forte vento di scirocco, non raro in Golfo, le bitte del pontile non sarebbero sufficientemente resistenti alla spinta della nave per cui questa dovrebbe essere tenuta sempre in tiro con  rimorchiatori.
     Un incidente ipotizzabile, che non è stato preso in considerazione nell’Analisi dei rischi, è la collisione della nave o di un rimorchiatore contro il pontile con rottura delle tubazioni e sversamento in mare del metano liquido che, vaporizzando immediatamente per l’improvviso aumento di temperatura, produrrebbe almeno 600.000 m3 di gas infiammabile!

   Le navi gasiere poi, nonostante la tecnologia più moderna adottata da progettisti e costruttori, non sono immuni da rischi o incidenti così come testimonia l’articolo apparso sul numero di settembre 2009 di The Naval Architect alle pagine da 36 a 42. Il rischio preso in esame è il cosiddetto “incidente da sbattimento” che provoca deformazioni nei serbatoi di GNL con pericolo di fuoriuscite.

Il rischio attentati
     Molto forte è anche il rischio di attacchi terroristici, sia alla nave gasiera che all’impianto di rigassificazione.

    E’ ormai fatto noto e conclamato che gli impianti di rigassificazione sono considerati obiettivi sensibili contro i quali possono essere rivolti  atti terroristici. Vogliamo sottolineare come lo specchio acqueo antistante lo stabilimento non sia interdetto alla navigazione (come potrebbe in un golfo così piccolo e così trafficato?) ma sia accessibile a chiunque. Per la popolazione quindi al rischio incidente si somma anche il rischio attentato.

    La stessa Snam Rete Gas Spa, nel “Prospetto Informativo relativo all’Offerta Pubblica di vendita e sottoscrizione e all’ammissione a quotazione sul mercato telematico azionario organizzato e gestito dalla Borsa Italiana Spa delle azioni ordinarie” non fa mistero dei potenziali rischi connessi agli impianti di rigassificazione, anche se ne sottolinea esclusivamente l’aspetto economico: “Benché Snam Rete Gas Spa ritenga di svolgere la propria attività nel sostanziale  rispetto di leggi e regolamenti in materia di ambiente e sicurezza, il rischio di incorrere in oneri imprevisti e obblighi di risarcimento, ivi comprese le richieste di risarcimento dei danni a cose e persone, in tema di ambiente e sicurezza è connaturato alla gestione di gasdotti e di impianti di rigassificazione. Pertanto non è possibile escludere a priori che Snam Rete Gas Spa non sia in futuro tenuta a far fronte a oneri od obblighi di risarcimento… Non può escludersi il rischio che eventi di inquinamento ambientale causati da gasdotti e impianti di rigassificazione facciano sorgere… oneri od obblighi risarcitori”.  Né sfuggono a Snam Rete Gas Spa i rischi connessi ad eventuali atti terroristici. Sempre nello stesso documento si legge che “...eventuali attentati terroristici ai danni delle infrastrutture di Snam Rete Gas Spa potrebbero avere ripercussioni sulla situazione finanziaria e sui risultati economici anche considerando che la copertura assicurativa potrebbe essere insufficiente a coprire integralmente eventuali danni”.


Conclusioni
   Fatte le valutazioni di cui sopra sulla non compatibilità dell’impianto con l’ambiente circostante e sulla sua pericolosità, ci chiediamo come, in questo momento di forte calo della richiesta di gas, con nuovi rigassificatori inaugurati e/o in costruzione, con una rete di approvvigionamento via tubo sempre più in espansione e con progetti che eliminano il rischio “chiusura dei rubinetti” (pensiamo alla nuova tecnologia ENI per attraversare il Mar Caspio), quando l’Olanda rinuncia alla costruzione di un rigassificatore proprio per la congiuntura avversa, sia possibile sostenere l’idea di ampliare il rigassificatore di Panigaglia compromettendo, forse per sempre, il futuro, non solo turistico, dei nostri bellissimi luoghi.





Esercitazione GNL  - 27 maggio 2010


       La Prefettura della Spezia, con la società GNL Italia e con il Comune di Porto Venere, ha programmato un’esercitazione denominata GNL 2010 per testare il Piano di Emergenza Esterno del rigassificatore di Panigaglia. In questi giorni la stampa e l’Amministrazione Comunale di Porto Venere si sono soffermati solo sulle misure per limitare i disagi alla circolazione stradale.
       Ma ben altri sono gli adempimenti cui il Comune di Porto Venere dovrebbe ottemperare e che fino ad ora non ha messo in atto. Per esempio non ha mai espresso il parere di prevenzione sanitaria previsto dalla legge, non ha mai redatto la scheda informativa prevista dal Dlgs 334/1999, non ha mai applicato né le linee guida previste fin dal 2007 sull’informazione alla popolazione, né il Decreto del 24 luglio 2009 con il quale si fissano le procedure per la partecipazione del pubblico e dei dipendenti dell’impianto alla elaborazione del Piano di Emergenza Esterno per impianti classificati ad alto rischio come quello di Panigaglia.
       Il DPCM del 16/2/2007  prevede, tra le altre cose, che il Sindaco debba “pianificare la campagna informativa nelle due fasi:
- fase preventiva: in questa fase l’informazione è finalizzata a mettere ogni individuo nella condizione di conoscere il rischio a cui è esposto, i segnali dall’allarme e cessato allarme e i comportamenti da assumere durante l’emergenza;
- fase emergenza: durante l’emergenza l’informazione è finalizzata ad avvertire (con i sistemi d’allarme previsti) la popolazione dell’evento incidentale in atto e ad attivare i relativi comportamenti.”
       Il Piano di Emergenza Esterno del 2008 prevede che “per quanto concerne la popolazione presente nelle aree abitative limitrofe allo stabilimento, comunque esterne alle  tre zone descritte, potrebbero essere consigliati, ove le indicazioni fornite dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco lo facessero ritenere opportuno, i seguenti comportamenti di autoprotezione:
- permanere o portarsi all’interno dei fabbricati;
- chiudere le finestre e le porte;
- staccare gli impianti di condizionamento che aspirano aria esterna;
- stazionare nei locali ubicati in posizione contrapposta rispetto al deposito.”
       Quali sono i segnali d’allarme cui la popolazione deve rispondere? Di questo non è mai stata informata e neppure in questa occasione è coinvolta nell’esercitazione.
       La strada Provinciale SP 530 viene chiusa durante questa esercitazione per lasciare spazio all’accesso dei mezzi di soccorso. In realtà tratti di questa strada rientrano nelle zone di danno 2 e 3 ove sono possibili, sempre secondo il PEE, effetti gravi per le persone dovuti a “evaporazione da pozza” e “incendio da recipiente”.
       La popolazione non sa quale tipo di incidente verrà simulato durante l’esercitazione, quali conseguenze avrebbe sull’ambiente circostante e quali effetti potrebbero ricadere su di lei, l’unica informazione che le è stata data è l’orario del trasporto marittimo che dovrà supplire la chiusura della strada.
       Del resto, il PEE prende in considerazione solo eventuali malfunzionamenti dell’impianto e danni con un limitato raggio d’azione. Non prende in nessuna considerazione, per esempio, il pericolo rilevante costituito dalle navi gasiere che entrano in Golfo senza che sia possibile far osservare nessuna distanza di sicurezza tra le gasiere ed altre imbarcazioni, navi porta-containers, navi da crociera, imbarcazioni private, come è invece prescritto, per esempio, dalla Guardia Costiera Americana, o dalla Ordinanza della Capitaneria di Chioggia per il rigassificatore off-shore di Rovigo. Per non parlare della mancata considerazione, nell’analisi dei rischi, della collisione della nave o di un rimorchiatore contro il pontile, con rottura delle tubazioni e sversamento in mare del metano liquido che, vaporizzando immediatamente per l’improvviso aumento della temperatura, produrrebbe centinaia di migliaia di metri cubi di gas infiammabile.
       Le navi gasiere poi, nonostante la tecnologia più moderna adottata da progettisti e costruttori, non sono immuni da rischi o incidenti così come testimonia l’articolo apparso sul numero di settembre 2009 di The Naval Architect. Il rischio preso in esame è il cosiddetto “incidente da sbattimento” che provoca deformazioni nei serbatoi di GNL con pericolo di fuoriuscite.
       Molto forte è anche il rischio di attacchi terroristici, sia alla nave gasiera che all’impianto di rigassificazione. E’ ormai conclamato che gli impianti di GNL sono tra gli obiettivi più attraenti per i terroristi e le compagnie di assicurazione scrivono nei loro rapporti che “anche le gasiere, sia in mare che nei porti costituiscono evidenti bersagli” e ancora “Gli specialisti riconoscono che un attacco terroristico ad una gasiera di GNL potrebbe avere la forza di una piccola esplosione nucleare”.
       Molti sono i testimoni oculari della facilità con cui imbarcazioni private violano sistematicamente la fascia di rispetto dello stabilimento senza che di fatto ci siano sistemi operativi in grado di impedire tali comportamenti. Per non parlare di come sia altrettanto facile introdurre e conservare nello stabilimento (è cronaca recente) cose che nulla hanno a che vedere con l’attività di rigassificazione.
       Questi, ed altri ancora, sono i rischi connessi alla presenza del rigassificatore e chiediamo che venga data alla popolazione potenzialmente interessata al rischio di incidente (quindi non solo quella del Comune di Porto Venere) un’informazione dettagliata e completa così come previsto dalla normativa vigente.
       C’è un ultimo aspetto che le Associazioni e i Comitati considerano fondamentale. Il 25 luglio 1994 venne firmato un Protocollo di Intesa  che termina con la frase: “Rimane ferma la prosecuzione del confronto globale tra SNAM e Comune sui tempi e modi di dismissione dell’impianto costituendo il presente atto una prima fase della complessiva trattativa”.
       Questo Protocollo di Intesa rispettava e applicava le disposizioni della Regione Liguria: la trasformazione sarebbe avvenuta con una dismissione graduale, sarebbe stata finalizzata a portare il sito ad una destinazione diversa, in un periodo di X anni si sarebbe dovuti andare ad un travaso graduale dalle attività “metano” a quelle “extra metano”.
       Il Protocollo  non è un atto privato, personale, di chi lo ha materialmente firmato ma è un atto  sottoscritto dalla Regione Liguria, dal Comune di Porto Venere, dal Ministero LL.PP (in qualsiasi cosa sia stato negli anni trasformato) e dalla Società SNAM (o GNL  che dir si voglia).
       Chiediamo che l’Amministrazione Comunale e la Regione Liguria esigano con forza il rispetto di questi accordi.

Associazione Culturale Posidonia
Comitato Ambientale di Salvaguardia delle Grazie
VAS Circolo di La Spezia


Il rigassificatore di Panigaglia

Le sue origini e la sua storia

I lavori nella baia di Panigaglia, nel Comune di Porto Venere, sono iniziati nel 1967 dopo che Snam aveva ottenuto la concessione demaniale dell’area (che fino a quel momento era stata in buona parte zona militare e aveva ospitato una polveriera) e aveva acquistato i terreni privati intorno alla baia. Il primo progetto presentato dalla società prevedeva 6 serbatoi per una capacità totale di 300.000 m3 ridotti poi a 200.000 e ancora, nel progetto finale, a 100.000. I lavori nella baia iniziano nel 1968, nel 1971, la società stipula un contratto ventennale con la Libia e il rigassificatore inizia a funzionare. Sempre nel 1971 c’è un incidente a un serbatoio, causato da una fenomeno chiamato rollover: si deformò un coperchio per la forte pressione interna al serbatoio causando la fuoriuscita di una grande quantità di gas che rimase in aria per alcune ore.

Nel 1987 la Società presenta un progetto di ristrutturazione dell’impianto di Panigaglia per poter lavorare Gnl leggero che prevedeva anche lo spostamento dei serbatoi di stoccaggio del GNL in cavità sotterranee realizzate sotto il monte Castellana. Snam ottiene solo la possibilità di sostituire i vaporizzatori e alcune parti dell’impianto per poter lavorare gnl leggero.

Nel luglio 1994 viene sottoscritto un Protocollo di Intesa tra la Snam e il Comune di PV nel quale la Società si impegna a mantenere il livello occupazionale e conferma la propria disponibilità alla destinazione ad usi alternativi di aree risultanti libere da vincoli di sicurezza e non utilizzate ai fini delle attività dello stabilimento. Il protocollo termina con la seguente frase: “Rimane ferma la prosecuzione del confronto globale tra Snam e Comune sui tempi e modi di dismissione dell’impianto costituendo il presente atto una prima fase della complessiva trattativa”. A questo impegno, come a quello sul livello occupazionale, non è mai stato dato seguito.

Nel giugno 2007 GNL Italia, società controllata al 100% da Snam e costituita nel 2001 per gestire le attività del rigassificatore di Panigaglia, presenta un Piano di ammodernamento e adeguamento che porta la capacità dei serbatoi da 100.000 a 240.000 metri cubi più una serie di altri interventi che dovrebbero consentire l’attracco di gasiere molto più grandi. La lotta contro questo progetto coinvolgerà tutti i comuni del Golfo e produrrà un Reclamo alla Commissione Europea, una Petizione al Parlamento Europeo e una lettera alla Protezione Civile.

Questo progetto viene accantonato e tutto sembra fermarsi fino a quando, nel febbraio 2015, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea viene pubblicato un Avviso di Gara a procedura ristretta proposto da Snam Spa e avente oggetto “Servizi di ingegneria per studi di fattibilità e pre-fattibilità per la fornitura servizi di tipo Small Scale LNG presso il Terminale GNL di Panigaglia”. La gara è vinta da una associazione temporanea di Imprese composta dalla genovese D’Appolonia e dalla belga Tractebel e il 16 dicembre 2019 il progetto viene presentato al Ministero.


Come è oggi


L’impianto è costituito dal pontile per l’attracco delle navi metaniere, dai serbatoi di stoccaggio del Gas Naturale Liquefatto, GNL, dai vaporizzatori che permettono di riportarlo allo stato aeriforme e immetterlo nella rete nazionale di gasdotti. Attualmente ha una capacità di rigassificazione di 3,4 miliardi di m3 anno, nel 2022 sono stati rigassificati 2,24 miliardi di m3 con un aumento del 112,9% rispetto al 2021.

Il pontile è lungo circa 500 metri e accoglie metaniere con una capacità di carico di 65000/75000 m3. Il gas liquefatto viene trasferito dalla metaniera ai serbatoi attraverso bracci di scarico e una condotta che passa lungo il pontile. I due serbatoi di stoccaggio hanno una capacità complessiva di 100.000 m3 , in essi il gas liquefatto viene mantenuto a una temperatura di -160° C e ad una pressione di poco superiore a quella atmosferica. La vaporizzazione viene ottenuta mediante 3 vaporizzatori a fiamma sommersa che utilizzano una piccola parte di gas per aumentare la temperatura del gnl. Una volta rigassificato, il metano, con opportune correzioni, viene immesso nella rete nazionale. Un gasdotto parte dalla baia di Panigaglia, percorre le colline sopra Spezia, gira intorno al golfo e poi, passando per la Lunigiana, si dirige alla Pianura Padana


Un lungo paragrafo andrebbe dedicato al Piano di Emergenza Esterna che riporta sia la descrizione dell’impianto che le norme di comportamento in caso di incidente. E’ un aspetto molto importante, che riguarda la sicurezza dei cittadini, il rispetto per loro e per il territorio e il loro diritto ad essere informati, così come prescrivono le leggi che in Italia hanno recepito le Direttive Europee cosiddette “Seveso”. Abbiamo toccato con mano, nel corso del quasi incidente del 28 agosto 2023, quando un fulmine ha incendiato il gas che stava fuoriuscendo dal vent provocando una palla di fuoco che è stata vista e filmata anche dall’altro lato del Golfo, che le prescrizioni di questo Piano non sono state applicate e soprattutto è mancata la comunicazione ai cittadini da parte del Comune di Porto Venere.

Rimandiamo al sito della Prefettura

https://www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1189/PEE_GNL_2020-22.pdf

e ai post pubblicati sul blog dell’Associazione Posidonia


Come diventerà

Il progetto di small scale e truck loading presentato al Ministero nel 2019 prevede:

- la realizzazione di 4 baie di carico per la caricazione delle autocisterne;

- il rifacimento dell’esistente pontile secondario per l’approdo del Ro-Ro Ferry elettrico che trasporta 4 autocisterne per volta da e per il porto della Spezia ;

- l’installazione di 3 pompe di rilancio per consentire il trasferimento del GNL stoccato nei serbatori esistenti del terminale verso le baie di carico;

- l’adeguamento della strada interna al terminale per rendere possibile il transito delle autocisterne/isocontainer, la realizzazione di un fabbricato di attesa e controllo e la creazione di due aree di sosta per le autocisterne che devono essere caricate.

Questo per quanto riguarda i lavori interni alla baia. E’ previsto l’attraversamento della

rada portuale del Ro-Ro che trasporta le autocisterne con sbarco, sembra, al pontile Enel. Il numero massimo di viaggi previsti in un giorno è 13, per un totale quindi di 52 autocisterne

A questo progetto si aggiunge un potenziamento dell’impianto autorizzato nella primavera 2022 che prevede l’arrivo di circa 90 metaniere l’anno per aumentare la capacità di rigassificazione del terminale. Per nessuno di questi progetti o potenziamenti è stato ritenuto necessario applicare la procedure di VIA ordinaria.

Un ulteriore progetto è stato presentato nell’estate 2022 e prevede lavori al pontile principale per dotarlo di nuove briccole per bettoline di taglia più piccola di quella delle metaniere che attualmente attraccano. Queste bettoline dovranno essere ricaricate con gnl prelevato dai serbatoi, con un processo inverso a quello attuale, che rimarrà in funzione, per potere in futuro rifornire navi da crociera, portacontainers e fare la spola con la Sardegna. Si tratta quindi di una nuova funzione che si aggiungerà a quelle presenti oggi nella baia e aumenterà considerevolmente i rischi di incidente nella baia di Panigaglia e nel Golfo.

Le quattro baie di carico con le pompe per il trasferimento del GNL saranno situate, secondo progetto, a ridosso del promontorio del Pezzino, molto vicine alla strada che collega Spezia con Porto Venere che già in quel tratto, per la vicinanza ai serbatoi, è inserita nella zona 2, la zona di danno, cioè una zona in cui un eventuale incidente, per incendi stazionari, miscela di gas o vapori infiammabili, evaporazione da pozza, getto di fuoco, incendio da recipiente, produrrebbe possibili effetti gravi alle persone.

Anche all’interno della rada portuale aumenteranno i rischi sia per l’aumentato transito di metaniere sia per i previsti 13 viaggi giornalieri del Ro.Ro.

Le autobotti caricate a Panigaglia si dirigeranno verso il pontile Enel per essere lì sbarcate. Il Ro-Ro con 4 autocisterne cariche di gnl a bordo intersecherà per 13 volte al giorno tutto il traffico delle imbarcazioni da diporto in ingresso e in uscita dai porticcioli di Fezzano, Cadimare e San Vito, i movimenti delle navi in ingresso e in uscita dalla rada dell’Arsenale Militare, la rotta delle imbarcazioni in ingresso e in uscita dal Porto Mirabello e dai pontili davanti la passeggiata Morin nonché tutti i battelli che dalla passeggiata Morin fanno servizio turistico verso Lerici, Porto Venere, 5 terre e isole. Intersecherà inoltre la rotta, in ingresso e in uscita, delle navi da crociera e delle portacontainers, coinvolgendo anche il loro spazio di manovra.

Il rischio terrorismo, che è già alto per lo stabilimento a terra essendo i rigassificatori considerati obiettivi sensibili, aumenterà considerevolmente per il traffico di gnl su autobotti attraverso il golfo. Il traffico che andrà a affiancare o intersecare il Ro.Ro renderà difficoltoso il controllo e la possibilità di attentati terroristici aumenterà esponenzialmente coinvolgendo l’intero golfo e la città.

La concessione del pontile di sbarco delle autobotti è stata richiesta fino al 31 dicembre 2035, ben oltre la data, 2030, fissata il 9 novembre 2022 dal Parlamento Europeo varando il pacchetto Pronti per il 55% che prevede una riduzione di almeno il 55% delle emissioni in attesa del raggiungimento della neutralità climatica prevista per il 2050.


Contro questa modifica e potenziamento dell’impianto si sono espresse con note, osservazioni e comunicati numerose associazioni e comitati del Golfo, a cominciare dall’Associazione Posidonia e da Legambiente, rimarcando non solo la pericolosità di un impianto Seveso all’interno di un Golfo densamente abitato e trafficato, ma mettendo prima di tutto in evidenza l’assoluta necessità di abbandonare le fonti fossili e di promuovere invece l’uso di energie pulite e rinnovabili per realizzare quella transizione energetica di cui il pianeta e il clima hanno assoluta necessità.


Per approfondire vedere su https://posidoniaportovenere.blogspot.com i post con etichetta Panigaglia


Emergenza climatica: cosa si sta facendo, cosa bisognerebbe fare

Cosa si sta facendo

La guerra Russia-Ucraina è stata cinicamente sfruttata dalle multinazionali del gas, comprese Eni e Snam, per cambiare gli scenari geopolitici di approvvigionamento. L’attentato al gasdotto Nordstream ha “aiutato” in questo senso, non più forniture dalla Russia (anche se non sono chiusi del tutto i tubi come una certa narrazione vorrebbe far credere) ma forniture da USA e Africa mediterranea, in particolare Algeria.

L’Italia, almeno dai governi Conte in poi, ha impresso una forte accelerazione al piano per divenire un hub del gas con progetti di nuovi rigassificatori, nuovi depositi GNL, trivellazioni in Adriatico e gasdotti lungo la dorsale appenninica, terre altamente sismiche. Molto importanti anche i costi di approvvigionamento del gas.

- Nuovi rigassificatori. Molti sono i problemi per l’ambiente: per poter caricare una metaniera serve un impianto di liquefazione nel porto di partenza che renda liquido il gas portandolo a una temperatura di -160°; le metaniere che attraversano il mare Mediterraneo o gli oceani emettono metano in atmosfera, hanno un forte consumo di carburante (contrariamente a quanto si potrebbe pensare non utilizzano il gas come carburante ma diesel normale), quindi emissioni sia di NOx che di metano; occorre poi un impianto di rigassificazione nel porto di arrivo, che riporti il gnl allo stato gassoso aumentando di circa 600 volte il suo volume, e i gasdotti che distribuiscano il gas.

- Nuovi depositi GNL. In ambito costiero è prevista la costruzioni di nuovi depositi GNL, cioè grandi serbatoi in cui immagazzinare il gas metano liquefatto in attesa del suo utilizzo (principalmente per rifornire camion o navi alimentate a metano liquefatto).

- Trivellazioni in Adriatico. Si deroga alla norma per la quale non si può trivellare entro 12 miglia dalla costa e si investono inutilmente milioni di euro per ricercare gas in giacimenti che sono poco più di una puzzetta (tranne un paio davanti al Polesine) e che si esauriranno subito. I giacimenti nel mare Adriatico, così come i pochi in terra, sono piccolissimi, non collegati tra loro e quindi servirà una trivella per ogni giacimento

- Gasdotti. Si prevede di sconvolgere il territorio italiano anche in zone altamente sismiche come quelle dell’Appennino centro meridionale per costruire nuovi gasdotti che dal sud Italia porteranno il gas oltre le Alpi in Europa.

- Costi. Oltre ai costi degli investimenti nelle opere di cui sopra, ci sono i costi di acquisto del gas o del GNL. Mentre il costo del gas che viaggia nei gasdotti è spesso fissato da contratti a lungo termine, il costo del GNL viene contrattato quasi nave per nave alla borsa di Amsterdam ed è soggetto a speculazioni.

Impatto sull’ambiente e conseguenze sul clima

In America il gas viene estratto con la tecnica del fracking, fratturazione della roccia sotterranea con getti d’acqua ad alta pressione. Questa tecnica è devastante per il territorio, provoca enormi danni ambientali, provoca terremoti, utilizza moltissima acqua che poi non può essere riutilizzata in quanto contaminata. Ogni pozzo occupa in media 3,6 ettari di territorio e richiede dai 10 ai 30 milioni di litri di acqua. I pozzi di fracking si prosciugano in fretta quindi per mantenerli attivi è necessario trivellare continuamente. E’ stato calcolato che alla fine del 2015 ci fossero negli Stati Uniti 1.700.000 pozzi di fracking attivi.

I vaporizzatori che riportano il gas liquefatto allo stato gassoso emettono NOx, ritornando al rigassificatore di Panigaglia è come se ci fossero nella baia automobili con il motore acceso 24 ore su 24. Non solo ma i rigassificatori, che siano a circuito aperto o chiuso, utilizzano grandi quantità di acqua di mare che poi rigettano in mare più calda, se sono a circuito chiuso, o più fredda, se sono a circuito aperto, e in ogni caso mescolata a grandi quantità di ipoclorito di sodio, la comune niveina, con grave danno all’ambiente marino.

Tutti gli impianti di liquefazione e di rigassificazione, le metaniere e i gasdotti, emettono gas in atmosfera, per emissioni volute o fuggitive, dando un importante contributo al riscaldamento globale e alla crisi climatica dal momento che il metano ha un potere climalterante ben superiore a quello della anidride carbonica, alcuni studi dicono addirittura 80 volte superiore. Nel 2020 l’impianto di Panigaglia ha emesso 786 tonnellate, pari a 1,3 milioni di metri cubi di gas, per normale esercizio di impianto, come scritto dalla Società.

E’ ormai dimostrato che il metano contribuisce al surriscaldamento globale, quindi anche al riscaldamento dei mari provocando perdita di biodiversità, eventi estremi di tipo ciclonico che in Italia sono aggravati dalla cementificazione del suolo, sia in pianura che in collina, e da errate pratiche nella gestione dei corsi d’acqua.

Sono quindi impianti con un forte impatto ambientale che portano vantaggi solo ai portafogli delle grandi società, in Italia Eni e Snam, come si vede chiaramente dai loro bilanci annuali


Un problema di democrazia

Teorizzare l’emergenza energetica, dichiarare la strategicità di rigassificatori e gasdotti ha portato all’emanazione di leggi e decreti che poco hanno a che fare con la democrazia partecipativa e con il rispetto per i cittadini e per il territorio.

Ci limiteremo a commentare l’art. 5 e l’art. 12 del Decreto Legge n. 50 del 17 maggio 2022 convertito con modificazioni con la Legge 91 del 15 luglio 2022, Disposizioni in materia di energia e imprese.

L’articolo 5, Disposizioni per la realizzazione di nuova capacita' di rigassificazione, stabilisce che “le opere finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale …. costituiscono interventi strategici di pubblica utilità, …..Per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture connesse … sono nominati uno o più Commissari straordinari di Governo”.

Le parole chiave sono strategicità e commissario e qui è racchiusa la fregatura ai danni dei cittadini. Per la costruzione di queste opere l’autorizzazione è rilasciata dal Commissario con un procedimento unico, si applica l’esenzione dalle valutazioni ambientali, è sufficiente una semplice comunicazione alla Commissione europea. L’autorizzazione del Commissario va in deroga alla conformità urbanistica e paesaggistica, ha effetto di variante degli strumenti urbanistici, di variante al piano regolatore portuale, assoggetta l’area a un vincolo preordinato all’esproprio. I margini per la partecipazione dei cittadini si restringono, ci sono 30 giorni dalla pubblicazione del progetto, quasi sempre costituito da molte centinaia di pagine di relazioni e dati che i cittadini devono esaminare, per presentare Osservazioni puntuali.

Questa gestione commissariale è altamente antidemocratica, toglie trasparenza alla procedura, aggira le leggi che in Italia hanno recepito le Direttive Seveso e rende quasi impossibile per i cittadini intervenire su decisioni che riguardano il loro territorio e la loro stessa vita.

Infine, “al fine di limitare il rischio sopportato dalle imprese di rigassificazione che realizzano e gestiscono le opere e le infrastrutture è istituito …… un fondo pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2043”. Nell’articolo 5 bis, introdotto nella conversione in legge del Decreto, si stanziano ulteriori fondi.

In sintesi, il governo italiano, dopo che il Parlamento Europeo ha approvato il 7 ottobre 2021 non solo il raggiungimento della neutralità climatica, zero emissioni, nel 2050, ma anche una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030, si impegna a dare fino al 2043 incentivi per 30 milioni l’anno alle imprese che costruiscano infrastrutture per continuare a utilizzare fonti fossili.

Cosa invece bisognerebbe fare

Non è più procrastinabile l’abbandono delle fonti fossili, occorre diminuire ancora il loro utilizzo. Il consumo di gas, complice il riscaldamento globale, già nel 2022 è sceso in Italia del 9,8% rispetto al 2021 e nei primi sei mesi del 2023 è sceso del 16,5% rispetto ai primi sei mesi del 2022. https://dgsaie.gov.it Statistiche energetiche e minerarie. Gas naturale


Parallelamente andrebbe incentivato l’uso di energia da fonti rinnovabili e promuovere le comunità energetiche. Sono invece fermi al Ministero in attesa di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) centinaia di progetti (Legambiente ne ha censiti 1364 nel report pubblicato a marzo 2023) che riguardano sia il fotovoltaico o l’agrivoltaico che l’eolico.

Secondo Terna fino a ottobre 2022 erano pervenute richieste di autorizzazione per impianti eolici e solari sulla terra ferma pari a 130 GW cui vanno aggiunti 22,7 GW da impianti eolici off shore, quindi più di 150 GW quando, per centrare l’obiettivo della transizione energetica, all’Italia sarebbe sufficiente installare 80 GW di rinnovabili entro il 2030. Terna ha già dato parere positivo di allaccio alla rete elettrica per la maggior parte degli impianti proposti.

Report Legambiente “Scacco matto alle rinnovabili 2023”

https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Scacco-matto-alle-rinnovabili_report-2022.pdf

Anche l’Europa si è mossa, con il voto del Parlamento Europeo citato sopra, fissando obiettivi climatici per il 2030 e il 2050

Obiettivi climatici e politica esterna dell'UE - Consilium (europa.eu)

ma l’impegno per far rispettare questi obiettivi è stato per ora molto tenue e ambivalente

E’ nata una Rete nazionale, RETE NoRigass NoGNL, formata da cittadini, associazioni e comitati di tutte le Regioni italiane che si oppone al prolungare l’uso delle fonti fossili. La Rete chiede che i finanziamenti stanziati dalla legge 91/2022, art.5 comma 8, quei 30 milioni di euro l’anno citati sopra, vengano indirizzati invece verso la ricerca e la costruzione di impianti per le energie rinnovabili. Solo così si potranno ridurre le emissioni climalteranti responsabili della grave emergenza climatica che sta causando al nostro pianeta aumento della temperatura della terra e dei mari, sconvolgimento degli ecosistemi, desertificazione del suolo, siccità, improvvise alluvioni e soprattutto perdita di vite umane e gravi problemi sociali.

28 settembre 2023