domenica 29 luglio 2012

Diritto di critica


Il 9 luglio 2012 il tribunale di Roma, Prima sezione civile, giudice Damiana Colla, ha emesso una importante sentenza con la quale ha ricusato il ricorso di Enel contro Greenpeace.
I fatti. Greenpeace ha lanciato una campagna dal titolo “Facciamo luce su Enel” in cui accusa la società di essere una delle principali fonti di inquinamento per l’uso di fonti fossili in particolare carbone. Questa campagna, sia nelle pagine del sito, www.facciamolucesuenel.org, che in gadgets distribuiti da Greenpeace, utilizza termini forti come “killer” e altri. Enel ha presentato ricorso lamentando la lesione dell'onore e della sua reputazione e definendo diffamatoria la campagna realizzata contro di lei, campagna che le rivolge gravi accuse di responsabilità relative a danni, ambientali e alla salute, prodotti dalle centrali a carbone da essa gestite.

Il tribunale, ricordando anche altre sentenze della Cassazione, civili e penali, scrive che tale campagna non può essere ricondotta al diritto di cronaca ma deve essere prevalentemente ritenuta estrinsecazione del “diritto di critica, quale espressione del principio costituzionalmente garantito della libertà di manifestazione del pensiero”. “La critica – prosegue la sentenza - a differenza della cronaca (che è narrazione di un fatto), configura l'espressione di un giudizio, di un'opinione, ed in quanto tale non può essere rigorosamente obiettiva, ma inevitabilmente soggettivo e corrispondente al punto di vista di chi la manifesta”.
E ancora: “il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri, ma pur sempre con il parametro della proporzione tra l'importanza del fatto criticato (e dunque l'interesse pubblico del medesimo, ovvero la cd. continenza sostanziale) ed i contenuti espressivi con i quali la critica è esercitata, i quali non devono trascendere in attacchi e aggressioni personali diretti a colpire, sul piano individuale, la figura morale del soggetto criticato”.
Il tribunale conclude che il linguaggio utilizzato è “adeguato all'importante iniziativa di denuncia ambientale, oltre che al pubblico cui è destinato, senza travalicare i limiti imposti dal parametro della continenza formale”. E ancora “la durezza delle espressioni è giustificata dalla gravità della tematica affrontata, dal suo rilevante interesse per l'opinione pubblica”
Questa sentenza è importante non solo per Greenpeace, per il Comitato Speziaviadalcarbone, che combatte l'uso del carbone nella centrale della Spezia, e per gli altri comitati sorti all’ombra delle ciminiere Enel, ma è importante per tutti quei cittadini che ogni giorno si vedono minacciati e/o perseguiti da amministrazioni che non tollerano vengano criticate le loro azioni e mettono in atto una vera e propria criminalizzazione del dissenso con tentativi di soffocarlo e schiacciarlo.
Ci viene in mente a questo proposito una Deliberazione della giunta comunale di Porto Venere, la n. 155 del 27 agosto 2010, la cosiddetta delibera del “bada a come parli”, nella quale, a causa di una presunta  “campagna diffamatoria nei confronti dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale, posta in essere da rappresentanti di varie associazioni attraverso siti web e dichiarazioni pubblicate su organi di stampa con grave danno per l’immagine dell’amministrazione locale e dello stesso Comune di Porto Venere” e rilevando “il pubblico interesse alla tutela dell’immagine dell’intera amministrazione comunale oggetto di una campagna diffamatoria senza precedenti” l’Amministrazione ritiene “opportuno affidare apposito incarico di assistenza legale al fine di sporgere denuncia-querela nei confronti dei responsabili e dei rappresentanti delle associazioni che a vario titolo hanno rilasciato dichiarazioni pubblicate sulla stampa, nonché degli autori delle pubblicazioni telematiche sopra citate”.
Continuiamo a pensare che questo atto sia  molto grave e soprattutto significativo ed emblematico di un certo modo di intendere il “governo” di un territorio e di una comunità; non si tratta di un episodio isolato ma di una visione e di un sentire che ha permeato ogni azione dell'Amministrazione. Crediamo ancora, come avevamo dichiarato al momento della pubblicazione della Delibera, che un modo democratico di confronto con la società civile sia possibile quando i politici eletti  praticano, nell'esercizio delle loro funzioni, un rapporto continuo con gli elettori e non si limitano a teorizzarlo in campagna elettorale per poi dimenticarlo subito dopo le elezioni.
La critica è un diritto, così come lo è esercitare un controllo sull'operato di chi abbiamo delegato pro tempore a rappresentarci; opporvisi è, da parte degli amministratori, espressione di arroganza  e tentativo di arrocco.
Consigliamo a chi volesse approfondire la giurisprudenza sul “delitto di lesa maestà” la lettura della Lex Julia Maiestatis dell’8 a.C., delle Assise di Ariano del 1140, del Codice Rocco del 1930 e infine del Codice Penale Thailandese

5 commenti:

  1. Questo post è sintomatico del modo di governare dei membri di questa amministrazione.
    Nel 2008 si presentarono uniti promettendo trasparenza e partecipazione.
    Ora dopo 4 anni di promesse non mantenute, la loro convivenza nelle stanze comunali
    è più difficile. Ma nel tentativo di chiedere il rinnovo del mandato, alcuni di loro, hanno
    trovato il collante : criminalizzare chi li censura. La critica quindi diventa un attentato
    e chi la esercita non è un cittadino ma un"suddito ribelle"-
    Ma è opportuno ricordare a lor signori che nel 2008 conseguirono un "mandato a tempo"
    non la "delega a vita”.

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  2. che teneri! vi preocupate ancora di "rapporto con gli elettori"! avete letto la proposta di nuova legge elettorale con i collegi uninominali e sbarramento altissimo? Questi si preparano a chiedere il voto utile e se aumenterà l'astensionismo, chissenefrega, dimunuirà il quorum e sarà possibile vincere anche perdendo pezzi

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  3. Qualche tempo fa Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un breve articolo di Lidia Ravera che iniziava con queste parole: “La chiamano antipolitica, ma è sdegno”.
    E' proprio lo sdegno che i partiti, ormai molto lontani da quelle organizzazioni democratiche sancite dalla Costituzione, non sono attrezzati a capire. "I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”." Questo diceva Berlinguer nel 1981 e lo trovo sempre più attuale, quello che non potrebbe più rivendicare per il suo partito (che peraltro non esiste più, gettato alle ortiche), è una diversità.
    Concordo con l’Anonimo commentatore sulla valutazione negativa della proposta di nuova legge elettorale, collegi uninominali, sbarramento, ecc.: dal porcellum al porcellinum.

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    1. sono pienamente d'accordo. Vota movimento 5 stelle e, tutti a casa.

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  4. Trascrivo qui di seguito il brano di un libro che sto leggendo e che ho trovato interessante. Il libro si intitola :"Pensare come le montagne" di Ermani e Pignatta.
    - All'acqua avvelenata della fontana del potere e' difficile resistere. L'unica soluzione e' non abbeverarcisi. In effetti, la realizzazione profonda della propria esistenza non puo' consistere nella gestione del potere che in ultima analisi significa da una parte prevaricazione sugli altri e dall'altro dipendenza dall'adulazione e dall'applauso altrui. Il potere e' una droga irresistibile che riempie i vuoti della propria vita, gonfia spropositamente l'ego, rende invisibili le proprie mancanze e lacune sostituite dalla superbia per la venerazione di cui si e' oggetto-

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